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Obesità osteosarcopenica - studio medico aloè

Obesità, osteosarcopenica

L’obesità osteosarcopenia è una condizione in cui si verifica contemporaneamente perdita di massa muscolare (sarcopenia) e riduzione della densità minerale ossea (osteopenia e osteoporosi). Questa condizione può compromettere la salute scheletrica e muscolare, aumentando il rischio di fratture e compromettendo la mobilità e la qualità della vita. Mentre l’obesità da sola è spesso vista come un fattore protettivo contro la perdita di massa ossea grazie al maggior peso che esercita uno stimolo sulla formazione ossea, l’obesità osteosarcopenica rappresenta un paradosso. In questo scenario, nonostante l’eccesso di peso, il corpo sperimenta una deterioramento simultaneo sia della massa muscolare che della densità ossea.

Le cause alla base dell’obesità osteosarcopenica sono multifattoriali e comprendono fattori genetici, stili di vita sedentari, squilibri ormonali, infiammazione cronica e una dieta non equilibrata. L’invecchiamento gioca un ruolo cruciale nello sviluppo di questa condizione, poiché con l’avanzare dell’età si assiste naturalmente a una diminuzione della massa muscolare e della densità ossea. Tuttavia, stili di vita non salutari possono accelerare questo processo.

La diagnosi tempestiva dell’obesità osteosarcopenica è fondamentale per prevenire le complicanze associate. La valutazione della composizione corporea tramite tecniche avanzate come la DEXA (Dual-energy X-ray Absorptiometry) permette di quantificare con precisione la massa grassa, la massa magra e la densità minerale ossea. Questi dati, insieme ad analisi cliniche e valutazioni funzionali, consentono ai professionisti sanitari di formulare un piano terapeutico personalizzato.

Il trattamento dell’obesità osteosarcopenica mira a migliorare sia la composizione corporea che la funzionalità fisica. Un approccio multidisciplinare che includa cambiamenti nello stile di vita, esercizio fisico mirato e interventi nutrizionali è essenziale. L’esercizio fisico dovrebbe combinare allenamenti per la forza per aumentare la massa muscolare con attività aerobiche per promuovere la perdita di grasso corporeo mantenendo al contempo il tessuto magro. Un’alimentazione ricca di calcio, vitamina D e proteine di alta qualità è altrettanto importante per supportare la salute delle ossa e dei muscoli.

Inoltre, il monitoraggio regolare da parte di professionisti sanitari può aiutare a valutare i progressi e adattare il piano terapeutico in base alla risposta del paziente. La collaborazione tra endocrinologi, nutrizionisti, fisioterapisti e altri specialisti è cruciale per affrontare efficacemente tutti gli aspetti dell’obesità osteosarcopenica.

È importante sottolineare che la prevenzione gioca un ruolo chiave nella gestione dell’obesità osteosarcopenica. Mantenere un peso corporeo sano, praticare regolarmente attività fisica e seguire una dieta equilibrata sono strategie fondamentali per ridurre il rischio di sviluppare questa condizione complessa.

L’obesità osteosarcopenica rappresenta una sfida significativa per la salute pubblica, data la sua capacità di aumentare il rischio di disabilità e compromettere la qualità della vita. Un approccio proattivo che combini prevenzione, diagnosi precoce e trattamento personalizzato è essenziale per affrontare questa condizione in modo efficace. Con l’aumento della consapevolezza e l’adozione di stili di vita più salutari, è possibile mitigare l’impatto dell’obesità osteosarcopenica sulla società.


Obesità Osteosarcopenica


Disturbi dell’obesità osteosarcopenica

Scopriamo i disturbi dell’obesità osteosarcopenica, una condizione complessa, che rappresenta una sfida significativa nel campo della salute pubblica e della medicina moderna. L’obesità osteosarcopenica è caratterizzata da un insieme di tre condizioni interconnesse: obesità, perdita di massa muscolare (sarcopenia) e riduzione della densità ossea (osteopenia o osteoporosi). Questa triade crea una situazione di particolare vulnerabilità per chi ne soffre, esponendolo a un rischio elevato di morbilità e mortalità.

I principali disturbi legati all’obesità osteosarcopenica includono un aumentato rischio di fratture ossee, difficoltà nella deambulazione e nella gestione delle attività quotidiane, nonché un aumento del rischio di sviluppare malattie croniche come il diabete tipo 2, malattie cardiovascolari e sindrome metabolica. Inoltre, la presenza simultanea di massa grassa eccessiva e riduzione della massa muscolare e ossea contribuisce ad aumentare l’infiammazione sistemica, peggiorando ulteriormente la salute generale dell’individuo.

La gestione dei disturbi associati all’obesità osteosarcopenica richiede un approccio multidisciplinare che include modifiche dello stile di vita, come l’aumento dell’attività fisica mirata al rafforzamento muscolare e al miglioramento della densità ossea, oltre alla regolazione dell’alimentazione per promuovere la perdita di peso in modo salutare senza compromettere la massa muscolare. In alcuni casi, può essere necessario ricorrere a interventi farmacologici per trattare le condizioni associate.

È importante sottolineare l’importanza della prevenzione attraverso la promozione di uno stile di vita salutare fin dalla giovinezza per minimizzare il rischio di sviluppare l’obesità osteosarcopenica in età avanzata. La diagnosi precoce gioca un ruolo cruciale nel limitare l’impatto dei disturbi correlati, rendendo fondamentale la sensibilizzazione sia tra i professionisti sanitari che nella popolazione generale riguardo questa complessa condizione.

L’obesità osteosarcopenica rappresenta una sfida multidimensionale che richiede interventi specifici e personalizzati. La comprensione approfondita dei suoi meccanismi patogenetici e delle sue implicazioni cliniche è essenziale per sviluppare strategie di trattamento efficaci. Solo attraverso un approccio integrato che coinvolge medici, nutrizionisti, fisioterapisti e psicologi, sarà possibile affrontare efficacemente i disturbi dell’obesità osteosarcopenica e migliorare significativamente la qualità della vita degli individui colpiti. La collaborazione interprofessionale è quindi fondamentale per un’efficace gestione della condizione, con l’obiettivo primario di ridurre il rischio di complicanze a lungo termine e promuovere un invecchiamento sano e attivo.

Patologie correlate obesità osteosarcopenica

Quali sono le patologie correlate all’obesità osteosarcopenica? L’obesità osteosarcopenica rappresenta una condizione clinica caratterizzata dalla co-presenza di obesità, ridotta massa muscolare (sarcopenia) e alterata salute scheletrica (osteopenia/osteoporosi). Questo stato patologico, negli ultimi anni, ha acquisito un interesse crescente nella comunità scientifica e clinica per le sue complesse implicazioni sulla salute degli individui.

La combinazione di questi tre elementi – eccesso di grasso corporeo, perdita di massa muscolare e deterioramento della qualità ossea – predispone gli individui affetti a un ampio spettro di patologie correlate che possono avere un impatto significativo sulla qualità della vita. Tra queste, le malattie cardiovascolari rappresentano una delle principali complicanze associate all’obesità osteosarcopenica. L’eccesso di tessuto adiposo può aumentare il rischio di ipertensione, dislipidemia, resistenza all’insulina e infine diabete mellito tipo 2, fattori che contribuiscono significativamente alla patogenesi delle malattie cardiovascolari.

Inoltre, la riduzione della massa muscolare e l’indebolimento delle ossa incrementano il rischio di cadute e fratture, complicazioni che si manifestano particolarmente in età avanzata ma che possono avere conseguenze devastanti sull’autonomia e sul benessere generale dell’individuo. Queste condizioni sono ulteriormente aggravate dalla presenza di infiammazione cronica sistemica tipicamente associata all’obesità.

L’obesità osteosarcopenica influisce anche sul metabolismo energetico e sulla funzione endocrina. La combinazione di tessuto adiposo in eccesso e ridotta massa muscolare può alterare l’equilibrio ormonale, con effetti negativi sul metabolismo dei lipidi e dei carboidrati. Questo può portare a un ulteriore aumento del peso corporeo, creando un circolo vizioso che aggrava lo stato di salute dell’individuo.

Infine, è importante sottolineare come l’obesità osteosarcopenica possa incidere negativamente sulla salute mentale. La presenza simultanea di obesità e sarcopenia è stata associata a un aumentato rischio di depressione, ansia e diminuzione della qualità della vita.

L’obesità osteosarcopenica è una condizione multifattoriale che richiede un approccio olistico e multidisciplinare per la sua gestione. La comprensione delle patologie correlate è fondamentale per sviluppare strategie terapeutiche efficaci che possano migliorare la qualità della vita degli individui affetti. L’adozione di stili di vita sani, come una dieta equilibrata e l’attività fisica regolare, insieme a interventi medici mirati, può aiutare a contrastare gli effetti deleteri dell’obesità osteosarcopenica e a prevenire le sue complicanze associate. La collaborazione tra endocrinologi, nutrizionisti, fisioterapisti e altri specialisti della salute è essenziale per offrire una cura comprensiva che tenga conto delle diverse sfaccettature di questa complessa condizione.

Perché l’obesità osteosarcopenica è così rischiosa

Cerchiamo di capire perchè l’obesità osteosarcopenica è così rischiosa Questa condizione, meno nota rispetto alla tradizionale obesità, rappresenta una sfida complessa per la salute pubblica e richiede una maggiore attenzione da parte dei professionisti del settore medico e dei ricercatori. L’obesità osteosarcopenica è caratterizzata dalla coesistenza di obesità, ridotta massa ossea (osteopenia o osteoporosi) e sarcopenia, che si riferisce alla perdita di massa muscolare e funzione. Questa triade rende chi ne soffre particolarmente vulnerabile a una serie di complicazioni gravi.

In primo luogo, la presenza simultanea di queste condizioni aumenta notevolmente il rischio di fratture. La ridotta densità ossea, tipica dell’osteoporosi, combinata con un’eccessiva massa corporea può esercitare un carico insostenibile sullo scheletro. Le cadute, spesso conseguenze della debolezza muscolare legata alla sarcopenia, diventano quindi eventi potenzialmente catastrofici.

Inoltre, l’obesità osteosarcopenica compromette significativamente la qualità della vita. La perdita di mobilità e autonomia a causa della debolezza muscolare e del dolore articolare limita le attività quotidiane e aumenta il rischio di dipendenza da assistenza esterna. Ciò può avere un impatto devastante non solo sul benessere fisico ma anche su quello emotivo e sociale degli individui affetti.

Dal punto di vista metabolico, questa condizione presenta una tempesta perfetta per lo sviluppo di malattie croniche quali il diabete tipo 2, malattie cardiovascolari e sindrome metabolica. La composizione corporea alterata favorisce uno stato infiammatorio cronico basso livello e resistenza all’insulina, pilastri nella patogenesi di queste malattie.

Infine, gestire l’obesità osteosarcopenica presenta sfide uniche. La perdita ponderale può aggravare la perdita di massa muscolare se non accompagnata da adeguato esercizio fisico mirato al mantenimento o aumento della forza muscolare. Pertanto, è essenziale un approccio multidisciplinare che includa nutrizionisti, fisioterapisti ed endocrinologi per affrontare tutti gli aspetti della condizione.

In conclusione, l’obesità osteosarcpenica è un problema di salute complesso e multifattoriale che richiede una maggiore consapevolezza e un intervento precoce. La sua gestione è impegnativa, ma cruciale per prevenire le gravi complicanze associate e migliorare la qualità della vita degli individui affetti. È fondamentale un approccio integrato che vada oltre la semplice riduzione del peso corporeo, mirando al miglioramento della salute ossea e muscolare attraverso l’adozione di uno stile di vita sano, una dieta equilibrata e un programma di esercizio fisico personalizzato. Solo così sarà possibile affrontare con efficacia i rischi legati all’obesità osteosarcopenica e garantire ai pazienti una vita più lunga, sana e attiva.

Obesità Osteosarcopenica (2)

Siamo Specializzati in obesità osteosarcopenica

Lo Studio Medico Aloè è specializzato in obesità osteosarcopenica e coaudiovato dalla Dott.ssa Manuela Dursi, biologa nutrizionista, dal Dott Stefano Savella, Laureato in dietistica, nutrizione e patologie correlate, la Dott.ssa Diletta Sarti, biologa nutrizionista specializzata in nutrizione clinica e diete e terapie chetogeniche, che si occupano della diagnosi, trattamento e ricerca in questo campo complesso e multifattoriale. L’obesità osteosarcopenica rappresenta una condizione clinica emergente che combina obesità, perdita di massa muscolare (sarcopenia) e densità ossea ridotta (osteopenia o osteoporosi), contribuendo significativamente al deterioramento della qualità di vita degli individui che ne sono affetti.
Allo Studio Medico Aloè vi è un approccio multidisciplinare al trattamento dell’obesità osteosarcopenica, sottolineando l’importanza di una diagnosi precoce per prevenire le complicazioni a lungo termine. Il lavoro degli specialisti si concentra non solo sulla gestione del peso corporeo ma anche sul rafforzamento della massa muscolare e sul miglioramento della densità ossea attraverso interventi personalizzati che includono attività fisica mirata, terapie nutrizionali specifiche e, quando necessario, trattamenti farmacologici.

Oltre ai tre specialisti sopra citati lo Studio medico Aloè si avvale di un team di professionisti, tra cui nutrizionisti, fisioterapisti e psicologi, per offrire un supporto completo ai suoi pazienti. La sua filosofia di trattamento si basa sulla convinzione che l’educazione del paziente sia fondamentale per il successo a lungo termine. Pertanto, dedica molto tempo a spiegare dettagliatamente ogni aspetto della condizione e del piano di trattamento proposto.

Uno degli aspetti più innovativi del lavoro dello staff di professionisti specializzati in obesità osteosarcopenica è il loro impegno nella ricerca clinica sull’obesità osteosarcopenica. Tutti hanno partecipato a numerosi studi internazionali che esplorano nuovi approcci terapeutici e hanno pubblicato diversi articoli scientifici che contribuiscono significativamente alla comprensione di questa sindrome complessa.

In conclusione, i nostri tre specialisti rappresentano una figura chiave nel campo dell’obesità osteosarcopenica. Il loro approccio olistico al trattamento e il loro impegno costante nella ricerca offrono speranza a molti pazienti affetti da questa condizione difficile, guidandoli verso un percorso di guarigione e di miglioramento della qualità della vita. L’esperienza e dedizione sono risorse preziose non solo per i nostri pazienti ma anche per la comunità scientifica e medica che si occupa di obesità osteosarcopenica. Grazie al lavoro pionieristico dei nostri specialisti, si stanno aprendo nuove frontiere nel trattamento e nella comprensione di questa patologia, promettendo avanzamenti significativi nei prossimi anni.


 Di seguito vi presentiamo i nostri specialisti in obesità osteosarcopenica:

Obesità Osteosarcopenica

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COME FACCIO A SAPERE COME STA IL MIO CERVELLO

COME FACCIO A SAPERE COME STA IL MIO CERVELLO?

Se il ginocchio comincia a scricchiolare, andiamo subito a fare un controllo dall’ortopedico; se ci rendiamo conto di non vedere più bene, facciamo fatica a leggere i caratteri piccoli, non perdiamo tempo e prenotiamo una visita dall’oculista. Il “problema” del cervello è che non “duole”. Può sembrare un paradosso ma non è così. A differenza degli altri organi che manifestano segnali difficili da ignorare, il cervello ha un modo diverso per segnalare che è in atto un disequilibrio, un’infiammazione, e sono manifestazioni che il più delle volte non vengono colte.

Quando è meglio fare un controllo
Può succedere di sentirsi chiamati quando non è così, di sentire degli odori come eccessivamente sgradevoli o di vedere qualcosa che non c’è. Queste percezioni errate possono essere spie di un sovraccarico cerebrale. Quando non si trovano le parole giuste, nell’andamento del discorso ci si impiglia sempre sulle stesse, quando sbattiamo sugli spigoli troppi spesso siamo davanti un messaggio che non va ignorato: è necessario valutare la salute del nostro cervello.

A chi rivolgersi?
Una delle figure a cui ci si può rivolgere è il neuropsicologo, un professionista sanitario che si occupa di studiare le funzioni cognitive sia in caso di patologia che in sua assenza. Quindi per migliorare o ripristinare processi come linguaggio, memoria, attenzione, ragionamento, capacità visuo-spaziale, spesso compromesse dalla maggior parte delle malattie neurologiche. Il neuropsicologo effettua una valutazione specifica attraverso la somministrazione di test standard per esaminare il funzionamento delle capacità cognitive. In base al risultato imposta un progetto riabilitativo oppure di potenziamento cognitivo.

Gli esami per la diagnosi
Gli esami diagnostici più innovativi per monitorare la salute del cervello si possono dividere in due grandi tipologie: le metodiche strutturali e quelle funzionali. Tra le prime, la TAC è forse la più conosciuta, un’altra è la Risonanza Magnetica. Sono entrambi metodi strutturali che mostrano un’immagine dell’area analizzata. I metodi funzionali, invece, mostrano la funzionalità di determinate aree, in risposta a degli stimoli.  Si potrebbe dire, per semplificare, che se le prime offrono una “fotografia” del nostro cervello, le altre un “video”, cioè permettono di valutare il funzionamento di un’area cerebrale in una specifica situazione (guardare un’immagine, camminare, prendere un oggetto etc..). È un esame che quindi aiuta a saperne molto di più sulla salute del nostro cervello.

La Spettroscopia nel vicino infrarosso, l’indagine più dettagliata
Tra le metodiche funzionali vi è la NIRS (Spettroscopia nel vicino infrarosso). Grazie a questo prezioso strumento si può indagare la parte funzionale del cervello. La Spettroscopia nel vicino infrarosso infatti analizza dinamicamente gli scambi di ossigeno a cui il nostro cervello va incontro quando pensiamo, ci muoviamo, ci emozioniamo. La NIRS si usa sia in fase diagnostica, sia per valutare l’andamento delle eventuali terapie impostate. È indolore e non invasiva e facile da applicare: si tratta solo di una cuffia, ecco perché è consigliata per i bambini o per i pazienti claustrofobici.

Riabilitazione cognitiva, potenziamento cerebrale
A seconda delle valutazioni dell’esperto, dei risultati ottenuti da diagnosi e visita, si imposta un protocollo di riabilitazione, in caso di patologia, o di potenziamento cerebrale, in sua assenza. La riabilitazione cognitiva punta a ripristinare le abilità perse con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e fare ottenere ai pazienti una maggiore autonomia; il potenziamento cognitivo invece si imposta quando sono presenti problemi legati a fattori di stress o altro, in assenza di patologia neurologica.

Come preservare la salute del cervello
La prevenzione passa per 4 “ingredienti” fondamentali: il primo è una buona qualità del sonno, quindi cercare di fare un sonno ristoratore; è importante provare -per quanto possibile- a ridurre le fonti di stress, che è causa di danni a catena per la salute del cervello; anche l’alimentazione svolge un ruolo importante, per cui il consiglio è di seguire un adeguato piano alimentare, stabilito su misura da uno specialista. Infine, sono tutti concordi che dedicarsi ad attività piacevoli, qualsiasi esse siano, (non per forza cruciverba!) sia una strategia preziosa per preservare la salute del cervello.

(Fonte okmedicina)
Come faccio a sapere come sta il mio cervello? (okmedicina.it)

Articolo Scritto da 
Dott.ssa Federica Peci

Dott.ssa Federica Peci

Laureata in Psicologia, indirizzo Neuroscienze Cognitive all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Ha conseguito il Master di II Livello in “Neuroscienze Cliniche: valutazione, diagnosi e riabilitazione neuropsicologica e neuromotoria” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Esperta nell’utilizzo di tecniche di neuromodulazione, neuronavigazione, neurostimolazione. Ha fondato Cerebro®, Startup di Biotecnologie neuroscientifiche. È stata insignita della Menzione speciale “Implementazione team multidisciplinare” dall’Associazione Donne Inventrici e Innovatrici. È giornalista pubblicista iscritta all’Albo dei Giornalisti della Lombardia.

COME FACCIO A SAPERE COME STA IL MIO CERVELLO?

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Spettroscopia nel vicino infrarosso l’esame non invasivo delle funzioni cerebrali per chi cerca una risposta alle proprie difficoltà

Spettroscopia nel vicino infrarosso: l’esame non invasivo delle funzioni cerebrali per chi cerca una risposta alle proprie difficoltà

La spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso (functional Near-Infrared Spectroscopy, fNIRS) è una tecnica innovativa di neuroimaging funzionale, indicata in medicina diagnostica in quanto in grado di registrare i cambiamenti di stato dell’emoglobina

Si accusa un disturbo alla vista o all’udito ma gli specialisti non trovano nulla di rilevante dagli esami diagnostici; o ancora, si hanno problemi di memoria ma è stata esclusa una malattia neurologica; dopo il Covid non si sente più la stessa energia. Questi sono solo alcuni degli esempi per cui può essere risolutiva una valutazione delle funzioni cerebrali, in particolare dello stato di ossigenazione generale del cervello e di quello vascolare.

Si dice “valutazione dell’attività vascolare del cervello” e si pensa a un esame invasivo. Niente affatto. Da tanti anni ormai si utilizza una metodica che si è andata affinando man mano, oggi è sicura e affidabile. Per darne un’idea è simile ad un elettroencefalogramma, meno invasiva di altre come la risonanza magnetica o l’angio-tac cerebrale.

La spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso (functional Near-Infrared Spectroscopy, fNIRS) è una tecnica innovativa di neuroimaging funzionale, indicata in medicina diagnostica in quanto in grado di registrare i cambiamenti di stato dell’emoglobina, la molecola che trasporta l’ossigeno nel sangue, e quindi di fornire un quadro chiaro su tutta una serie di problematiche che ne potrebbero derivare. Lo scambio di ossigenazione a livello cerebrale, infatti, è fondamentale che sia sempre in equilibrio per poter soddisfare le esigenze energetiche dei nostri neuroni.

È detta “spettroscopia nel vicino infrarosso” perché utilizza la luce del vicino infrarosso: sulla testa del paziente vengono posizionati una sorgente di luce e un fotorilevatore. La prima emette i fasci di luce, i fotoni ritornano sulla superficie della testa per un fenomeno di rifrazione dopo aver percorso i tessuti e vengono catturati dal fotorilevatore posto sul cuoio capelluto. La valutazione dell’attività cerebrale avviene determinando quanta luce viene assorbita dall’emoglobina, che può essere carica di ossigeno o carica di anidride carbonica. Il segnale acquisito permette di ottenere una misura non invasiva dell’ossigenazione e dell’emodinamica tissutale.

L’esame dura circa un’ora, è indolorenon ha controindicazioni e può dare risposte ai sintomi o alle difficoltà percepite nella vita quotidiana che non hanno avuto ancora un riscontro dal punto di vista clinico. Inoltre ha un importante “plus”: può essere utilizzata anche in un ambiente naturale, il paziente può restare perfino nel suo letto, un aspetto particolarmente vantaggioso soprattutto se a doverlo fare sono anziani, bambini o soggetti “non collaborativi”.
È possibile effettuarlo presso i centri diagnostici più all’avanguardia. È attualmente un esame che può essere svolto in determinate strutture private poliambulatoriali su richiesta anche,

eventualmente da parte del medico specialista. Sempre più strutture si stanno dotando di questa tecnica non invasiva di indagine cerebrale, da Milano a Cesena fino a Salerno.

(Fonte tagmedicina)
Spettroscopia nel vicino infrarosso: l’esame non invasivo delle funzioni cerebrali per chi cerca una risposta alle proprie difficoltà – #TAGMEDICINA Giornale Medico on line, salute, benessere, prevenzione e aggiornamenti del settore medico

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Dott.ssa Federica Peci

Dott.ssa Federica Peci

Laureata in Psicologia, indirizzo Neuroscienze Cognitive all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Ha conseguito il Master di II Livello in “Neuroscienze Cliniche: valutazione, diagnosi e riabilitazione neuropsicologica e neuromotoria” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Esperta nell’utilizzo di tecniche di neuromodulazione, neuronavigazione, neurostimolazione. Ha fondato Cerebro®, Startup di Biotecnologie neuroscientifiche. È stata insignita della Menzione speciale “Implementazione team multidisciplinare” dall’Associazione Donne Inventrici e Innovatrici. È giornalista pubblicista iscritta all’Albo dei Giornalisti della Lombardia.

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)Spettroscopia nel vicino infrarosso

Spettroscopia nel vicino infrarosso (NIRS)

La Spettroscopia nel vicino infrarosso (NIRS) è una metodica diagnostica non invasiva che consente di misurare in tempo reale l’ossigenazione del tessuto cerebrale.

La Spettroscopia nel vicino infrarosso (NIRS) è una metodica diagnostica non invasiva che consente di misurare in tempo reale l’ossigenazione del tessuto cerebrale e viene applicata grazie a una comoda cuffia con specifiche sorgenti luminose.

Attraverso la tecnica NIRS è possibile affiancare o anticipare alcune delle più comuni tecniche di imaging. La NIRS è basata sull’assorbimento della luce infrarossa da parte di molecole sensibili alla luce, denominate cromofori. La funzione principale di questa tecnica è quella di monitorare la perfusione cerebrale, ossia un gradiente di pressione che indica la distribuzione di ossigeno nei tessuti cerebrali. I cambiamenti nell’ossigenazione dei tessuti riflettono il delicato equilibrio tra l’apporto di ossigeno che arriva ai tessuti e il consumo dello stesso.

Le radiazioni ottiche a bassa intensità sono in grado di misurare il cambiamento nell’assorbimento della luce da parte del tessuto vascolare corticale, in modo da rilevare dei cambiamenti nella concentrazione locale di ossiemoglobina (emoglobina ossigenata) e deossiemoglobina (emoglobina priva di ossigeno) e di conseguenza monitorare l’attività funzionale del cervello. Una parte della luce ricevuta, a causa della proprietà di diffusione della luce nei tessuti, penetra nella struttura del tessuto, dove interagisce con i cromofori, come l’emoglobina.

La NIRS si differenzia in:

NIRS funzionale (fNIRS), che valuta principalmente l’ossigenazione di specifiche aree cerebrali mentre si svolgono determinate azioni.

NIRS baseline, che misura l’ossigenazione di specifiche aree cerebrali a riposo, senza che vi sia in corso alcuna azione.

Qual è il vantaggio di utilizzare la NIRS piuttosto che altri metodi di imaging diagnostici?

I vantaggi dell’utilizzo della NIRS rispetto alle metodiche standard di imaging sono numerosi. Uno dei motivi principali è la possibilità del paziente di poter svolgere attività persino di movimento senza alcuna limitazione, cosa non possibile con le metodiche di imaging più comuni, come ad esempio la risonanza magnetica (MRI).
La possibilità di effettuare esami diagnostici con il paziente posto in posizione seduta o eretta è un vantaggio specifico della NIRS, che permette inoltre di eliminare due problematiche che si possono presentare nel momento in cui il paziente viene posto in posizione supina, ossia la sonnolenza e il calo di livello di attenzione. È indicato anche come esame per bambini, adolescenti e persone che soffrono di claustrofobia.

Per quali problematiche e patologie è consigliato effettuare la NIRS?

La NIRS è consigliata per valutare le ricadute che determinati sintomi hanno sulla nostra attività cerebrale. Dalle patologie neurologiche agli ambiti di prevenzione (per chi ha familiarità per patologie neurodegenerative), emicranie, acufeni, disturbi d’ansia e del sonno. È indicato per chi vuole quantificare lo stato di affaticamento cerebrale (stress/burnout) e l’infiammazione ad esempio in presenza di Sindrome da Long Covid.

Articolo Scritto da 
Dott.ssa Federica Peci

Dott.ssa Federica Peci

Laureata in Psicologia, indirizzo Neuroscienze Cognitive all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Ha conseguito il Master di II Livello in “Neuroscienze Cliniche: valutazione, diagnosi e riabilitazione neuropsicologica e neuromotoria” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Esperta nell’utilizzo di tecniche di neuromodulazione, neuronavigazione, neurostimolazione. Ha fondato Cerebro®, Startup di Biotecnologie neuroscientifiche. È stata insignita della Menzione speciale “Implementazione team multidisciplinare” dall’Associazione Donne Inventrici e Innovatrici. È giornalista pubblicista iscritta all’Albo dei Giornalisti della Lombardia.

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Previeni l’osteoporosi con l’attività fisica

Previeni l’osteoporosi con l’attività fisica

Previeni l’osteoporosi con l’attività fisica: L’osteoporosi è una malattia che colpisce l’apparato scheletrico e prevede l’indebolimento delle ossa, problematica che porta ad un maggior rischio di fratture della colonna vertebrale, del polso e del femore, che possono verificarsi anche con semplici cadute. Questa patologia colpisce principalmente le donne, in particolare a partire dalla menopausa.

Per combattere l’osteoporosi si consiglia sicuramente di adottare un’alimentazione corretta che preveda un adeguato apporto di calcio e vitamina D, ma non è tutto: svolgere regolarmente attività motoria può aiutare sensibilmente nel contrastare la fragilità delle ossa e contemporaneamente migliorare la massa muscolare.

Le contrazioni muscolari e le sollecitazioni dei tendini sulle ossa stimolano il modellamento osseo, contribuendo nel costruire ossa più forti e rallentando la progressiva ed inevitabile perdita di massa ossea che si verifica con il passare degli anni. È proprio per questo che l’esercizio fisico è fondamentale: attraverso lo sport è possibile costruire ossa più forti e rallentare il processo che porta all’osteoporosi. Per ottimizzare questo processo è ideale iniziare fin dall’infanzia e continuare per tutta la vita: questo perché in età infantile si accumula il calcio che farà poi da scorta in età avanzata.

Non è finita qui: praticare sport diminuisce il pericolo di fratture, specialmente nelle donne in menopausa e negli anziani. Questo perché l’attività motoria aumenta la forza muscolare, la destrezza, il senso dell’equilibrio e i riflessi, riducendo il rischio di cadute e di conseguenza di fratture causate dall’osteoporosi.

Qual è lo sport giusto e con quale frequenza andrebbe praticato?

L’attività fisica andrebbe svolta con una frequenza di almeno due volte la settimana e dovrebbe trattarsi di uno sport in cui il muscolo abbia una contrazione attiva e venga sollecitato. La ginnastica a corpo libero e/o il ballare possono essere esempi di attività motorie adatte in particolare a chi soffre già di osteoporosi e vuole rallentarne lo sviluppo. Gli esercizi di un soggetto che soffre già di osteoporosi devono concentrarsi su destrezza e controllo motorio, oltre ad essere ovviamente moderati sia nell’intensità sia nella durata.
Considerando lo stato di fragilità in cui si trovano le ossa, per i soggetti già affetti da osteoporosi diventa di fondamentale importanza rafforzare le parti del corpo maggiormente soggette a fratture (polsi, femore e vertebre). La cosa che è veramente consigliata è fare attività con un professionista specializzato e laureato che sappia valutare il grado di mobilità e di preparare un programma adattato specifico per la persona, in modo da registrare e modulare gli allenamenti in base ai miglioramenti della persona.

Simone Tommasi
Chinesiologo

Laurerato in attività motoria preventiva e adattata

 

Previeni l’osteoporosi con l’attività fisica 
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